Tre Meraviglie, una Bellezza
“La bellezza illumina di una strana luce bianca, tagliente, metafisica, il paesaggio sfocato della vita quotidiana. La bellezza quando appare, apre un'alta finestra dalla quale da molto, molto lontano, si può vedere l'esistenza libera dal tempo e dallo spazio, con i contorni incisi nella luce immobile, acida, di una specie di ambigua verità, nella luce silenziosa dell’inspiegabile - quella luce che alla fine accelera il pensiero, quella luce purissima che solo ci consente di vivere, di vivere ancora, di sopportare la vita. Se qualche cosa ci salverà, sarà la bellezza”. (E. Sottsass)
Se è vero che solo la bellezza ci salverà, dovremmo domandarci come fare a generare bellezza nella nostra vita. Come produrre la bellezza affinché la nostra vita sia nutrita da ciò che potremmo definire come l’unico vero salvagente per la nostra stessa vita? Credo che la bellezza sia strettamente imparentata con la meraviglia, credo che l’esperienza della bellezza nasca da un senso di meraviglia che noi portiamo nel mondo, quando lo stupore infantile di rapportarci alle cose genera un senso di armonia, di equilibrio e di proporzione che potremmo tradurre con l’esperienza della bellezza.
Quindi occorre generare a volontà l’esperienza della meraviglia, poiché questa è l’equazione: se saremo in grado di generare a volontà l’esperienza della meraviglia, giungeremo inevitabilmente all’esperienza della bellezza. E la meraviglia la si genera aggirandosi per il mondo sostenuti da un senso di costante e stupefatta considerazione delle cose: ripetendo a se stessi, “che meraviglia”! Se siamo in grado di focalizzare il nostro sguardo lì dove sospettiamo possa nascere l’esperienza della meraviglia, dello stupore infantile, da lì poi discenderà l’esperienza della bellezza. Si può rinforzare questa attitudine all’osservazione del meraviglioso mediante l’evocazione del meraviglioso. Ecco allora che può sostenerci un esercizio mentale che ho battezzato La Tecnica delle Tre Meraviglie. Di che si tratta? Semplicemente di ripetere a se stessi, in modo costante, come fosse un mantra, una formula verbale entro un determinato arco di tempo. Ad esempio, ora che è finita l’estate ci attende l’autunno. Quindi desideriamo infondere l’autunno di meraviglia così che potremo sperimentare bellezza a volontà durante i mesi autunnali. Occorre individuare tre cose - ecco perché si chiama la Tecnica delle Tre Meraviglie - per le quali sperimenteremo quell’entusiasmante stupore che porterà alla bellezza. Potremmo ripeterci costantemente: “Che autunno meraviglioso che mi attende: farò questa cosa. Incontrerò questa persona. Realizzerò questo progetto”. È possibile evocare tre meraviglie secondo ciò che si desidera sviluppare nella vita, mettendo nella formula le aspettative fondamentali, la realizzazione dei desideri più profondi, orientati a pace ed armonia, così da recuperare una costante memoria di se stessi dentro un aspetto luminoso e bello della vita. Ripetendo in modo sistematico, come un mantra: “Che autunno meraviglioso che mi attende: farò questa cosa, incontrerò questa persona, realizzerò questo più profondo desiderio”, applicando costantemente un simile orientamento mentale, ci si troverà con sorpresa a ripetere come un mantra: “Che autunno meraviglioso che mi attende…” e accadrà - sorpresa! - nei momenti in cui ci si sente più fragili e spossati, e dalla fatica e dal fastidio emergerà il sorriso connesso alla meraviglia e alla bellezza.
Qual è il sostrato filosofico di questa operazione che a tutta prima potrebbe apparire ingenua? Si tratta di considerare lo spazio intorno a noi come lo spazio potenziale dell’emersione di energia e materia. Cioè considerare materia ed energia come configurazioni particolari dello spazio mentale. Quando osserviamo un oggetto, ad esempio un telefono cellulare, ciò che facciamo è estrarre dallo spazio mentale la configurazione di materia ed energia che evidentemente è già il telefono; non è che materializziamo il telefono! Ma il vedere il telefono, il vederlo con intenzione, con estrema attenzione nel vedere, è la radice dell’esperienza magica della vita: l’attenzione trasforma qualunque elemento della vita quotidiana, per quanto banale possa apparire, in una mutazione radicale della nostra relazione con le cose. In effetti il telefono è materia concentrata secondo un reticolo di energie che permette al telefono di permanere nella sua configurazione solida, altrimenti potrebbe svanire nell’aria, come vapore (con quel che costano certi telefoni!). Nello stato solido i costituenti della materia sono legati da forze molto intense che normalmente non consideriamo: vediamo la materia come fredda e inerte, estremamente stabile per via della sua durezza e della sua densità. Eppure atomi e molecole del telefono vibrano attorno a posizioni di equilibrio, fondamentalmente regolari, ed è proprio la vibrazione intrinseca alla materia (i saggi kashmiri la chiamarono spanda) che dovremmo considerare con attenzione. Ed è la condizione di flusso energetico, di costante e segreta mutevolezza interna alle cose, che dovremmo considerare secondo l’insegnamento dei pensatori buddhisti.
L’attitudine di concentrazione e di attenzione si riverserà verso cose che ancora non esistono, cose che vedremo, cose che saranno un giorno nella nostra esperienza tattile, olfattiva, visiva. Se ricorriamo costantemente alla Tecnica delle Tre Meraviglie, allora lentamente, progressivamente, inesorabilmente, opereremo sullo spazio attorno a noi di modo che materia ed energia possano manifestarsi secondo intenzione e attenzione. Si tratta di un’operazione magica? Eppure ogni operazione sul campo energetico, ogni operazione di attenzione verso la materia attuale o potenziale entro il campo energetico disposto nello spazio della mente, è un’operazione di trasformazione magica dell’esistenza. Applicando in modo costante questa attitudine, la meraviglia non cesserà di emergere, e operando entro questa costante esperienza di meraviglia verremo visitati dalla bellezza.
Mediante il potere di attenzione, mediante l’applicazione della concentrazione, possiamo rinascere istante per istante all’esperienza della meraviglia e della bellezza. Padmasambhava, il grande yogin indiano che portò il buddhismo in Tibet nell’VIII secolo della nostra era, afferma che si può ottenere una buona rinascita mediante un atto di concentrazione, quindi di attenzione. Avviene nell’istante che precede la connessione karmica con i genitori che ci daranno la vita: si tratta di un frangente in cui tutte le strade sono aperte e in cui è possibile rinascere secondo un destino generato da un atto di concentrazione: “Questo è il momento che costituisce la linea di demarcazione tra le possibilità di elevarti o di cadere in basso; è il momento in cui, scivolando anche per un solo istante nella pigrizia, protrarrai la tua sofferenza all'infinito; è il momento in cui, concentrandoti per un solo istante, godrai di imperitura felicità. Concentra la mente senza distrarti, sforzati di prolungare i risultati del karma positivo”.
Se così accade nel Bardo, il periodo di transizione tra una vita e l’altra, così deve accadere in qualunque altro Bardo-Momento di questa stessa vita in cui stiamo transitando qui e ora. Siamo abituati a pensare che vi sia grande differenza fra qui e l’altrove, ma si tratta di un errore fondamentale che prima o poi dovremo correggere. L’alba della conoscenza ci attende, lungo qualunque sentiero verso l’orizzonte. Emaho, che prodigio! Che meraviglia!