Lettera aperta (sul cuore della pratica)

Care amiche, cari amici, ho appena avuto una conversazione con Giulio Geymonat a proposito della Lezione Straordinaria del 25 maggio intitolata “Lo Yoga, il Desiderio, il Piacere”. Ne nascerà un video che è in fase di produzione, ma fin d’ora volevo condividere con voi alcune note: Il desiderio è una pulsione individuale che tutti conosciamo e che riteniamo il miglior antidoto alla paura. In ogni sua forma cela il desiderio fondamentale della sopravvivenza e placa la paura altrettanto fondamentale di cessare di esistere. Il desiderio accomuna tutti noi in quanto umani e perciò spaventati dalle cose che finiscono (la vita, ad esempio). Ma questo desiderio, questa pulsione fondamentale, in quale modo la affrontiamo? Come possiamo trarne giovamento?

Forse il motivo per cui alcuni di noi praticano yoga è proprio l’inconscia motivazione che spinge a comprendere la funzione del desiderio nelle nostre vite. Lo yoga appare, confusamente, come una disciplina che ha a che fare con il desiderio e il piacere, con la loro trasformazione. Non appena eseguiamo una postura yoghica o una tecnica di pranayama, immediatamente ci rendiamo conto del piacere che se ne ricava. Occorrerebbe al medesimo tempo realizzare la fondamentale necessità connessa al piacere, cioè quella di trovare un vettore appropriato per accogliere e trasformare la sensazione di profondo benessere che la pratica suscita. Giulio afferma che quel vettore è il cuore. Se mettiamo il cuore nella pratica, allora desiderio e piacere vengono indirizzati in modo costruttivo, comprendiamo che possiamo godere della pratica, esaltarne il piacere, aumentarne il desiderio, con una finalità legata all’autocoscienza. Giulio sostiene che si pratichi yoga per "generare autocoscienza”. Credo abbia ragione, e credo si possa dire in altri modi. Tuttavia “generare autocoscienza” mi sembra una definizione efficace.

Attraverso la pratica espandiamo sempre di più il confine delle nostre percezioni, delle nostre sensazioni, comprendiamo le dinamiche della mente, e come lo spazio della mente possa essere oscurato, oppure rischiarato, da determinate attitudini. La generazione di autocoscienza si amplia fino al punto da divenire coscienza collettiva, quindi il nostro praticare sul tappetino è fondamentalmente un atto di autocoscienza collettiva. Ecco l’importanza dello yoga, di una pratica che non sia solamente ricreativa o edonistica. Perché è proprio questo il pericolo: il pericolo che il sentiero dello yoga venga inteso come autoreferenziale ed estetizzante. Allora desiderio e piacere vengono sviati, non incontrano più il vettore del cuore. Di conseguenza la pratica diviene un’esperienza egoistica, isolata, frammentata.

Nel corso della Lezione del 25 maggio che proporremo assieme a lui per unire teorie e pratica, Giulio parlerà della cultura tradizionale indiana che non ha mai isolato o represso il desiderio, anzi ne ha fatto uno strumento di autoconoscenza. L’eros e il piacere vengono visti qui come una possibilità di ampliamento della coscienza. La funzione dell’eros è quella di ingentilire l’animo, di rendere l’amore fisico fra uomo e donna un cammino di trasformazione. Così nella pratica dello yoga (anch’essa un’unione di corpi, dal più denso al più sottile) come nella relazione fra due persone che si amano, può entrare effettivamente il vettore del cuore. Allora tutto si trasforma in pratica generatrice di autocoscienza: l’amore fisico, l’azione fisica, il desiderio, la passione, la meditazione, tutto confluisce in un movimento più vasto destinato a incontrarsi nella coscienza collettiva.

Lezione Straordinaria - Lo Yoga, il Desiderio e il Piacere. Spazio Shanti, 25 maggio 2024. Con Susi Stefanini e Daniele Belloni - Ospite speciale: Giulio Geymonat. In presenza e online
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